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Cronache dal lido #10 – Venezia 75

Three Adventures of Brooke – Yuan Qing (Giornate degli autori)

Presentato alle Giornate degli Autori, Three Adventures of Brooke segna il debutto sul grande schermo di Yuan Qing. Tra realtà e onirismo, l’opera prima della cineasta cinese segue le vicende di Brooke, una giovane ragazza di Pechino che, durante un soggiorno in Malesia, diventa la protagonista di tre differenti ed enigmatici incontri, coincidenti almeno all’apparenza con tre realtà opposte ma complementari. Con uno stile sbarazzino ma estremamente elegante, la regista esordiente mette in scena una storia ben calibrata, raccontata con semplicità e cura. Nonostante la seconda linea narrativa pecchi di anonimia, la prima e la terza appaiono infatti estremamente funzionali, coerentemente speculari l’una con l’altra. Sebbene tutt’altro che innovativo, anche l’espediente alla sliding doors appare ben congeniato, pur non convincendo pienamente nel finale: le ultime sequenze, che permettono di reinterpretare a posteriori l’intera operazione, avrebbero potuto essere strutturate diversamente, rievocando anche le storie precedenti, forse concluse troppo sbrigativamente. Se gli ultimi giorni della Mostra hanno pertanto visto il successo di grandi autori asiatici come Zhang Yimou o Shinya Tsukamoto, Yuan Qing con il suo Three Adventures of Brooke si è posta come educato contro-altare alla violenza delle opere dei colleghi, mettendo in scena con dolcezza una storia drammatica ma densa di ottimismo.

Gabriele Landrini

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Killing – Shinya Tsukamoto (Concorso principale)

Giappone Imperiale, metà XIX Secolo. Dopo quasi 250 anni di pace i Samurai vivono nella miseria e molti di loro abbandonano i maestri per diventare ronin senza padrone. Uno di questi è Sawamura (Shinya Tsukamoto), che irrompe nella vita di una famiglia di contadini e del giovane Mokunoshin, loro protettore, quando una banda di criminali attacca il loro villaggio. Sawamara cercherà in ogni modo di coinvolgere Mokunoshin in una pericolosa missione, obbligandolo a fare i conti fino in fondo con la lama affilata della sua spada. “Un giovane ronin che contempla la sua spada con ardore.” E’ partito da questa immagine il cineasta giapponese di culto Tsukamoto per scrivere il soggetto di questa sua ultima opera in concorso nella selezione ufficiale a Venezia. Presente nel film anche in veste di attore protagonista, come spesso nel corso della sua carriera, Tsukamoto tratteggia un apologo feroce ed intenso, perfettamente in linea con la sua idea di cinema, sulla coscienza del samurai. Come nella serie di Tetsuo e nel precedente Fires on the Plain (2014), al cuore del cinema di questo cineasta unico e, come Sawamura, “senza padrone” c’è il corpo dell’uomo e il suo graduale trasformarsi in arma di distruzione. In un plasmarsi ineludibile che è richiamato già dalla sequenza di apertura con del ferro incandescente forgiato a colpi di martello. Ultimi fuochi di un concorso veneziano complessivamente di ottimo livello, che potrebbe trovare nel talento cristallino di Tsukamoto un serio candidato per premi importanti.

Stefano Lorusso

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Una storia senza nome – Roberto Andò (Fuori concorso)

Una storia senza nome vorrebbe essere un divertente omaggio al cinema, un film metacinematografico che mostra il potere dell’immaginazione e la forza delle storie. E vorrebbe anche trattare di politica e cronaca, arte e storia, cercando di inserire elementi di mistero e svolte inaspettate. Eppure il nuovo lungometraggio di Roberto Andò, presentato fuori concorso a Venezia 75, fallisce in ciascuna delle intenzioni sopraelencate, apparendo goffo e confuso. Seguendo la storia di Valeria (Micaela Ramazzotti) giovane segretaria di un produttore che scrive sceneggiature in incognito, il film ci riporta al furto della Natività di Caravaggio, avvenuto a Palermo nel 1969, mischiando realtà e finzione ma con un risultato mediocre. Niente di più deludente di un film che fa ridere proprio nei momenti in cui vorrebbe commuovere.

Mariangela Carbone

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