Foto di scena ©Benedetta Rescigno

Billie la Frivola – Rosi Giordano

C’era una volta una ragazza povera e ribelle che dai bassifondi di Baltimora sfondò a New York, diventando una leggenda del jazz. Il suo nome era Billie Holiday. Una vita dolorosa, fatta di povertà, abusi, discriminazioni, droghe; il sogno americano che si tinge di scuro, e non per il nero della pelle ma per l’oscurità dell’animo umano che nell’America degli anni ’30 concepisce le leggi razziali, proprio quelle che non permettono a Billie di usare l’entrata principale, perché riservata ai bianchi. Ma Billie Holiday non è solo sofferenza, è anche altro, è Billie la frivola.

Sulla scena, un pianista, due attrici e una cantante tratteggiano la figura dell’artista: emerge così la sua infanzia, il rapporto conflittuale con il padre, gli inizi in un bordello, l’amicizia totale con Lester Young, “The Prez”. Il racconto delle due attrici (Manuela Boccanera e Germana Flamini), alternando momenti di dramma e ironia, è accompagnato dalle note del pianoforte di Riccardo Fassi, che danno ritmo e vitalità alla storia, mentre la voce limpida e soave di Michela Lombardi interpreta senza velleità emulative i successi di Lady Day. Sullo sfondo, poi, sono proiettate immagini di repertorio dell’America degli anni ’30 (Massimiliano Michetti), che travalicano le distanze spazio-temporali, creando così un effetto di immediatezza.

Le cinque sedie bianche che abitano la scena compongono un luogo reale e al contempo ideale: è lo spazio dell’anima di Billie Holiday, il palco concreto e interiore su cui la cantante si esibiva, affamata e infreddolita. Le attrici, così, lasciano intravedere un grande lavoro di introspezione e una sincera volontà di mettersi a nudo per conferire alla figura dell’artista americana un’interpretazione personale e intima.

Uno spettacolo che è quindi un intreccio tra canto, recitazione e musica dal vivo, i cui numerosi intermezzi musicali, tuttavia, ne tracciano forse anche il limite: se da un lato costituiscono parentesi piacevoli e coerenti della rappresentazione, dall’altro rischiano di “soffocare” la scrittura scenica e conferire al racconto un andamento spezzato; la drammaturgia, infatti, nonostante gli spunti potenzialmente intriganti, sembra rimanere in sordina.

Ad ogni modo, non lasciatevi tranne in inganno dal titolo, perché qui frivolezza non è superficialità bensì leggerezza che deriva dall’essere giovani e avere dei sogni. La regia di Rosi Giordano regala, dunque, uno sguardo originale sulla figura di Billie Holiday restituendo proprio la tipica ironia di Eleanora Fagan (questo il vero nome dell’artista), la sua capacità di sdrammatizzare e di concedersi – attraverso il canto – una possibilità di salvezza.

Ascolto consigliato

Teatro Due, Roma – 17 dicembre 2014

In apertura: Foto di scena ©Benedetta Rescigno

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