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Alessandro Baricco – I Barbari

L’ultima volta abbiamo parlato di un decennio spaventato e delle tante paure che tolgono il sonno agli occidentali. Sono tanti gli scrittori che sembrano udire in lontananza le trombe dell’Apocalisse: uno di questi lo abbiamo già incontrato, è Cormac McCarthy, oggi invece vi propongo un punto di vista che stride molto, quello di Alessandro Baricco e il suo “saggio sulla mutazione”. Baricco infatti con I Barbari, uscito a puntate nel 2006 su Repubblica (un saggio sociologico – filosofico in comode puntate estive settimanali come un volgare feuilleton? Yes We Can) e poi pubblicato in volume da Feltrinelli, propone un’interessante visione alternativa.

È la risposta a chi soffia forte la tromba del giorno del giudizio nel mondo della cultura. Ponendosi fuori da un piano assiologico (relativo al valore) guarda ai mutamenti della nostra epoca senza chiedersi se essi siano giusti o sbagliati ma come e perché le cose cambiano. Scelti tre campi privilegiati (Vino, Calcio, Libri: ovvero perché prima il Barolo, Baggio e Calvino e ora il vino californiano, Cristiano Ronaldo e Dan Brown?) indaga le dinamiche della mutazione, ne individua le caratteristiche salienti. La chiave di lettura è interessante e la metafora potente: la mutazione è il motore dell’evoluzione, chi non muta si estingue mentre i Barbari già “respirano con le branchie di Google”.

Ecco allora che la nuova civiltà che si profila abbandona valori classici ormai vecchi di due secoli come pazienza, fatica, silenzio, tempo e profondità e sulla scia di Benjamin (non a caso uno dei numi citati in epigrafe, assieme all’apocalittico McCarthy, tra l’altro) Baricco parla dei processi culturali che perdono sacralità (aura?) e diventano quindi accessibili a un pubblico sempre più vasto:

“Questa mutazione mi pare poggi su due pilastri fondamentali: una diversa idea di cosa sia l’esperienza, e una differente dislocazione del senso nel tessuto dell’esistenza. […] la superficie al posto della profondità, la velocità al posto della riflessione, le sequenze al posto dell’analisi, il surf al posto dell’approfondimento, la comunicazione al posto dell’espressione, il multitasking al posto della specializzazione, il piacere al posto della fatica.”

La morale è: immergiamoci nel flusso dell’esperienza, non stiamo ad alzare muri perché non servono ad arginare le orde ma solo a definire ciò che difendiamo, che nel momento in cui ha bisogno di esser circoscritto in un confine è già vecchio. E quando ci scandalizzeremo di fronte a qualche nuovo abominio della cultura popolare ricordiamoci che anche la Nona di Beethoven in gioventù è stata roba per “cervelli che, per educazione e abitudine, non riescono a pensare a qualcos’altro che i vestiti, la moda, il gossip, la lettura di romanzi e la dissipazione morale”.

Grazie


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