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Michelangelo Antonioni

Maestro dell’incomunicabilità e dell’alienazione, Michelangelo Antonioni ha scardinato i tratti fondamentali del cinema classico aprendo la strada a quel cinema moderno che dagli anni Sessanta in poi lo ha visto protagonista. Dopo alcune opere interessanti (Cronaca di un amore, 1950 e Il grido, 1957) nel 1960 arriva il successo con L’avventura, autentico capolavoro che spiazza pubblico e critica. Il film inaugura la cosiddetta trilogia dell’incomunicabilità, che si completerà nel 1961 con La notte e nel 1962 con L’eclisse. In queste opere Antonioni offre un efficace quadro sociale dell’Italia del boom economico svelando ipocrisie e debolezze della classe dirigente; e soprattutto mette in scena la crisi della relazione uomo-donna nell’epoca del progresso industriale attraverso un cinema fatto di tempi dilatati e spazi vuoti, che rinuncia anche ai personaggi e alla narrazione. Nel 1964 vede la luce Il deserto rosso, sempre alienazione e incomunicabilità, stavolta in technicolor. Nel 1966 arriva il successo internazionale di Blow-Up, un’altra memorabile indagine sulla realtà visibile (e invisibile).

Nel 1970 Antonioni gira uno dei suoi film più discussi, Zabriskie Point, che a distanza di anni rimane un’opera suggestiva e visionaria. Nel 1975 realizza il suo ultimo capolavoro, Professione: reporter, con protagonista uno straordinario Jack Nicholson. Celebre per il magistrale piano sequenza conclusivo, il film riprende molti dei temi propri del regista e li sviluppa nell’ottica della perdita dell’identità. Dagli anni Ottanta in poi Antonioni realizza altre opere minori che nulla aggiungono e nulla tolgono alla sua grandezza di autore. Si spegne il 30 luglio 2007, lasciando un vuoto incolmabile nel cinema italiano e mondiale.

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