Foto di scena ©Davide Baldrati

Quella droga chiamata denaro

Al Florìda 'Slot Machine' del Teatro delle Albe

Una voce corrosa ride e tace dentro il buio di un palcoscenico. È quella di Doriano (Alessandro Argnani) che si affaccia come dal fondo della sua fossa scavata a suon di Slot machine. Questo il titolo del lavoro di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari, prodotto dal Teatro delle Albe, e presentato al Teatro Cantiere Florida di Firenze nella rassegna «Materia Prima».

«L’importante non è vincere ma giocare», ed è questo perverso imperativo che ha avuto la meglio prendendosi lui: Doriano appunto. A questa caustica regola ha sacrificato tutto quel che poteva e anche quello che non poteva, come i soldi chiesti in prestito o quelli infingardamente sottratti; e adesso, in questi ultimi istanti di vita, cosa gli resta? Le stesse limitazioni e distorsioni con cui una dipendenza lascia morire – e vivere: come un nessuno da nessuna parte.

I tre specchi ai lati del palco (spazio scenico Ermanna Montanari) e un continuo preciso taglio di luce (Enrico Isola e Danilo Maniscalco) riflettono e incidono ombre su una vita sempre più sola, su un uomo che a ogni puntata perde denaro e un pezzetto della propria volontà, su un interregno che altera il concetto di comunità e di individuo, su un sistema che droga la capacità e la consapevolezza di poter scegliere.

Foto di scena ©Davide Baldrati

Doriano si dimena come un povero cristo sul giaciglio al centro della scena, ma i soli dolenti riuniti intorno al suo corpo sono i fantasmi onnipresenti di una vita sdoppiata dal gioco. Del resto «non c’è miglior attore di un giocatore» e lui si gioca tutto con tutti: a partire dai genitori, quei contadini che se li togli dalla terra muoiono, fino alle banche, fino a quando uno spiraglio lascia ancora l’illusione di farcela.

Foto di scena ©Davide Baldrati

È un’illusione bastarda che nutre la testa, eccita il corpo e sintetizza la vita in un display colorato che detiene il controllo lasciando credere il contrario. Ma allora in quanti surrogati di vita siamo intrappolati? Doriano è ludopatico, è definibile, la sua malattia è nominata; ma quante relazioni fittizie costruiamo s-regolando un comportamento sociale?

Foto di scena ©Davide Baldrati

Doriano non è così distante da noi che lo vediamo nelle salette dei bar delle nostre città con la coda dell’occhio fingendo di non vedere. Anche egli fa lo stesso: guarda la sua slot machine dall’alto in basso proprio come noi nei suoi confronti. Questo ulteriore riflesso, in questa relazione tra gioco di specchi e ombre, potrebbe far sì che lo spettro di Doriano non se ne andasse al calar delle luci sulla scena e ci rimanesse attaccato addosso: come la terra che non va mai via tutta dai vestiti, come il  suo odore che è il solo profumo con cui viene cosparso il defunto.

Un sudario verde lo copre: il colore degli alberi giocati e di una vita azzardata.

Letture consigliate:
• La camera da ricevere – Ermanna Montanari | Teatro delle Albe, di Giulio Sonno
• Scrooge, o il sogno americano infranto – Fanny & Alexander, di Sarah Curati
• Lo splendore dei supplizi – Fibre Parallele, di Francesca Saturnino

Ascolto consigliato

Teatro Cantiere Florida, Firenze – 17 marzo 2016

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