Foto di scena ©Manuela Giusto

La morte come rimedio

'Prima di andar via' di Gili/Frangipane

Gli spettacoli della Trilogia di Mezzanotte, scritti da Filippo Gili e diretti da Francesco Frangipane, iniziano attorno a una tavola apparecchiata, dove si sbocconcella pane e frutta, si chiacchiera del più e del meno, quanto basta per presentare al pubblico i componenti della famiglia, fino all’arrivo della vera protagonista di tutti e tre le pièce: la morte. È lei a insinuarsi tra le mura domestiche, a sedersi accanto a fratelli e sorelle, madri e padri con un beffardo gioco (Dall’alto di una fredda torre), con un esperimento al limite delle capacità umane (L’ora accanto) o con l’avviso inaspettato di una dipartita (Prima di andar via).

Proprio in questo primo capitolo della Trilogia a differenza degli altri spettacoli, la morte non è più una scelta ma una necessità, un’esigenza. Francesco (Filippo Gili) diventa il  nunzio di un tragico annuncio: la decisione di voler morire, un atto dovuto alla vita per l’amore della moglie Giovanna, scomparsa da tre mesi. In nome di quel passato Francesco decide di smettere di vivere, una decisione drastica che scatena la ribellione dell’intera famiglia.

È questa la querelle a cui gli spettatori sono chiamati ad assistere. Da una parte appunto c’è la famiglia, pronta a tutto per proteggere, custodire, curare i suoi componenti; dall’altra parte c’è Francesco, deciso a lasciarli e a cambiare per sempre le loro abitudini. Il clan, la tribù con le sue tradizioni e i suoi riti, sintetizzati sulla scena nella tavola apparecchiata e nel rituale del pranzo; e Francesco, l’uomo come individuo capace di staccarsi dal branco e di rinunciare al calore di quegli affetti. Sulla scena si scontrano questi due fronti, nascosti dalla narrazione drammaturgica della vicenda e svelati nello scambio di battute, nel racconto di ricordi che stimolano l’immaginazione del pubblico insieme alla scrittura scenica delle luci (marchio di fabbrica degli spettacoli firmati da Gili e Frangipane.)

L’Io pensante contro la volontà della comunità. Un atto così risolutivo come il suicidio, che a stento la nostra società considera lecito in alcuni casi estremi, si può considerare come l’unica via d’uscita al dolore causato dalla perdita di una persona cara? Alla morte si può rispondere con un’altra morte? L’ottimismo e il nostro innato istinto di sopravvivenza ci dicono di reagire, la mente crea delle difese per il dolore, lo digerisce, lo calcifica. È proprio da questo che Francesco vuole fuggire, dalla paura che la sua sofferenza con il tempo si possa trasformare in rituale, in tradizione, ed ecco che così il personaggio diventa moderno ed efficace.

Moderno perché affronta la più grande paura dell’uomo, la morte, con lo stesso spirito di Socrate di fronte alla cicuta; tradizionalista come un eroe romantico perché rifiuta la vita in nome di un amore che non vuole dimenticare. La dualità di questo personaggio è affascinante e incarna il messaggio di tutta la Trilogia: la sfida dell’uomo con la morte.

Francesco è il paladino dal cuore impavido di questa guerra, sa come affrontare il nemico perché conosce le sue tattiche e lo batte giocando le stesse sue tecniche.  In questa maniera riesce a segnare l’unico punto a favore dell’uomo, mentre nei successivi due capitoli sarà la Triste Mietitrice a vincere – senza via di scampo.

Scopri La Trilogia di Mezzanotte su Paper Street (a cura di Elena Cirioni):
• Prima di andar via
• Dall’alto di una fredda torre
• L’ora accanto

Ascolto consigliato


Teatro dell’Orologio, Roma – 27 febbraio 2016

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