Pornografia – Luca Ronconi

Pornografia – Luca Ronconi

Possiamo definire Luca Ronconi come un sapiente alchimista. Un alchimista di parole e immagini analizzate, vivisezionate fino a essere fuse con il linguaggio del teatro. Questo era già successo con I demoni di Dostoevskij e con il Pasticciaccio di Gadda; la stessa formula viene usata per Pornografia di Witold Gombrowicz. «Non credo in una filosofia non erotica. Diffido di un pensiero che prescinde dal sesso», così scrive l’autore polacco nei suoi diari datati 1960. Bastano queste informazioni per accendere la fantasia e farci immaginare chissà quali fatti scabrosi tra le pagine del romanzo.

In realtà sia il libro, sia la trasposizione di Ronconi sono lontani mille miglia da ogni immagine pornografica suggerita dal titolo. Ma allo stesso modo, il testo, le parole, le idee evocate sulla scena trasudano pornografia. È qualcosa che ha a che fare con una delle perversioni sessuali più comuni: il voyeurismo. L’atto del guardare, dello spiare e di trarne godimento, un guardare che può anche generare fraintendimenti. È quello che succede a Witold e Federico, protagonisti della storia. Due uomini (im)maturi in fuga dalla guerra, ma soprattutto dalla noia, dall’aria fritta e rifritta che attanaglia Varsavia, con l’invasione nazista sia alle porte. Per sconfiggere questo tedio soffocante si rifugiano nell’arida campagna polacca a casa di Ippolito, dove conoscono la giovane figlia Enrichetta e Carlo, ragazzotto ruspante. Witold e Federico iniziano a immaginare una storia d’amore tra i due che in realtà non esiste; la semplice fantasia diventa una vera e propria ossessione e, con una serie di sadici espedienti, renderà i ragazzi complici di un sanguinoso crimine.

Di questo delitto si percepisce qualcosa già dall’inizio dello spettacolo; la scena è scarna, essenziale e tutta la scenografia si muove su binari orizzontali, avvolta da un’aria grigia, lugubre. Questa atmosfera è rotta a tratti da un umorismo sadico che fa ridere sotto i baffi, mentre cresce la fantasia perversa dei due protagonisti e contagia anche il pubblico, tanto che fino all’ultimo si spera di vedere sulla scena qualcosa di pornografico. Ma tutti rimangono chiusi nella trappola narrativa del romanzo, la gabbia del nulla, dell’attesa perenne. Riproposta sulla scena grazie a una recitazione a tratti iperreale, giocata sull’alternanza d’interventi in prima e in terza persona. Caratteristica dominante della costruzione drammaturgica è il ritmo scenico creato per sottolineare le parti descrittive del romanzo; è il pensiero in azione, marchio di stile del regista.

Pornografia è senz’altro un’opera complessa che si avvale di una struttura compositiva costruita nei minimi dettagli e di attori tecnicamente perfetti (Riccardo Bini nei panni di Witold e Paolo Pierobon in quelli di Federico). Ma non è solo una dimostrazione di stile, Ronconi va oltre e grazie al romanzo di Gombrowicz ci mostra la faccia oscura dell’arte. Quella che dietro alla semplice azione di guardare, di assistere a qualcosa nasconde un impulso erotico che fa diventare tutti – lettori, spettatori, visitatori di mostre e musei – dei perfetti voyeur.

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