Noel Gallagher's High Flying Birds Live Photo 3 (Jill Furmanovsky/rockarchive.com)

Noel Gallagher’s High Flying Birds @ Alcatraz (MI)

Già dal giorno di apertura delle vendite c’erano tutte le premesse per una serata di quelle che non ti scordi facilmente: un sold out che ha bruciato qualcosa come 6.000 biglietti in circa un’ora, minuto più minuto meno. E il calore che ha avvolto Noel nei giorni precedenti lo si è percepito anche con il freddo che ha accompagnato la lunga attesa sui marciapiedi di Via Valtellina, dove i ragazzi radunati hanno ingannato il tempo intonando i vecchi capolavori dell’era Oasis, da Live Forever, a Wonderwall, passando per Don’t Look Back in Anger e senza dimenticare ogni tanto il coro dei tifosi del Man City per Balotelli.

Con mezz’ora di anticipo rispetto al tabellino di marcia, vengono aperti i battenti e la folla scivola verso le transenne preannunciando quello che succederà di lì ad un paio di ore. Alle 21.00, preciso come pochi, Noel si staglia sul palco dalle ombre del backstage accompagnato dalla sua band. La scaletta è ormai solida e il pubblico la conosce. Si parte con It’s Good To Be Free degli Oasis (pezzo che Noel ripropone da anni nei set acustici), per proseguire con una chicca da appossionati veri: Mucky Fingers, che la folla canta a squarciagola creando un moto ondoso che terminerà solo a fine concerto. Intanto The Chief regala ai presenti una performance degna delle grandi occasioni, con una presenza vocale prorompente che spinge gli animi dei 6.000 dell’Alcatraz.

Quando arriva il momento di Wonderwall parte il vero degenero della serata in cui su una ballata così dolce (tra l’altro proposta in acustico), la calca delle prime file inizia a trasformarsi in un pogo senza senso – ma questo poco importa tutto sommato, anche se qualche disagio l’ha creato, visto che tutti sono rapiti dalla voce ormai esperta che non lascia trasparire nessuna debolezza. Nemmeno quando dal parterre inizia ad alzarsi un coro che chiede a più battute di suonare The Masterplan. Noel suggerisce al pubblico di comprarsela su iTunes, visto che costa solo un euro, ma i presenti non demordono.

Quando il gruppo si ripresenta sul palco per gli ultimi tre pezzi di chiusura (Little by Little, The Importance of Being Idle, Don’t Look Back in Anger), Noel lascia la scelta al pubblico se suonare The Masterplan, Don’t Look Back in Anger o entrambe. Ovviamente, la terza proposta riscuote un successo impressionante, ma c’è spazio solo per il sorriso di Noel nel sentire 6.000 persone che cantano The Masterplan senza base musicale, perchè la scaletta non prevede stravolgimenti e la chiusura, come da copione con Don’t Look Back in Anger, è sicuramente quello che ci vuole per mandare a casa tutta quella gente che ha cantato per oltre un’ora e mezza senza mai fermarsi.

Durante una diretta televisiva trasmessa dal canale di una famosa radio, si è detto che il pubblico è stato piuttosto timido specie verso le canzoni del nuovo album. Tutto sbagliato, non c’è stato pezzo in scaletta che non sia stato cantato fino all’esplosione delle corde vocali. Perché alla fine è così che si deve fare a un concerto, anche se non ti ricordi le parole esatte, va bene lo stesso. La tua voce deve spingere in alto fino a farsi sentire sopra quella del tuo vicino e solo così si creerà l’atmosfera magica che anche chi è sul palco riesce a percepire, a far trasparire una sorta di emozione che è come dire a tutti grazie per quello che state facendo. Da sotto il palco non può che essere palese la risposta: «Thank you! See ya next time!».

Grazie


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