Japan. Miyazaki. The Artificial beach inside the Ocean Dome. From 'Small World'. 1996.

Lonelidays, o la perversione del viaggio

Il nuovo spettacolo di Marabutti/De Liberato a Carrozzerie n.o.t

In Leggere Lacan, Slavoj Žižek spiega il meccanismo perverso per cui luomo contemporaneo è costretto a godere. Se in passato infatti il nostro imperativo era di reprimere il piacere per obbedire ai dettami imposti dall’ordine sociale, nella società odierna avviene esattamente il contrario: l’imperativo è quello di godere all’eccesso, diventando tutti vittime inconsapevoli di unillusoria libertà di scelta. Il viaggio sembra essere parte integrante di questa perversione. Nell’era della villeggiatura 2.0, il problema non è infatti se viaggiare o meno, ma dove andare e secondo quale modalità: fra offerte voli low-cost-Expedia-Trivago-Interrail-Couchsurfing e così via, c’è una gamma di possibilità talmente ampia che si rischia di rimanere paralizzati, o di partire senza avere un vero motivo. Sembrano proprio queste le inquietudini sottese al nuovo spettacolo di Lorenzo De Liberato, Lonelidays, che in questa spirale senza fine sembra fermarsi e chiedersi: perché, il viaggio?

Sulla scena di Carrozzerie n.o.t, i cinque personaggi aspettano già seduti su piccoli sgabelli gialli — unica scenografia — in attesa di sciogliere il silenzio e limmobilità: c’è una coppia in crisi (Fabrizio Milano e Benedetta Corà), che concepisce il viaggio come fuga per risolvere i problemi in un altrove, l’amico (Marco Quaglia) — ora arbitro, ora spalla — al quale è dato più ampio respiro in scene extra-reali con una donna enigmatica vestita di bianco (Giordana Morandini); e infine, l’esilarante amico dall’accento campano (Alessio Esposito), una sorta di fool che sotto l’aria scanzonata è il più consapevole di tutti.

Foto di scena ©Camilla Mandarino

Mentre le scene si susseguono fra schermaglie amorose (a tratti alquanto isteriche e prolungate), gli intermezzi tragi-comici di Esposito e quelli più onirici della seconda coppia — che però, considerata la vicenda principale, rischiano la ridondanza — è  sempre più evidente che il viaggio è solo il catalizzatore di un malessere a più ampio raggio: emerge infatti il ritratto di personaggi insicuri e nevrotici, affetti da egocentrismo da social network, in bilico fra la paura della solitudine e quella di trovare qualcuno, perennemente messi sotto pressione da una società che induce a forza desideri non richiesti.

Foto di scena ©Camilla Mandarino

C’è un altro personaggio invisibile, in effetti, ed è proprio la società. O meglio, “Loro”: unentità virtuale ma ben presente che scruta e manovra in modo invisibile i fili delle azioni. Sono “loro”, per esempio, ad aspettarsi che la coppia vada in vacanza una volta all’anno ‘perché lo fanno tutti’, sono le “loro” aspettative a non dover essere disilluse. D’altronde, Žižek afferma che l’amore ha sempre bisogno di un pubblico su cui riversare la propria esistenza; così, si ha l’impressione che l’accordo finale per il viaggio dei due protagonisti sia solo un modo per salvaguardare uno status sociale esteriore piuttosto che un gesto davvero sentito.

Foto di scena ©Camilla Mandarino

Pur dovendo ancora trovare una forma definitiva — soprattutto in termini di regia — l’aspetto più originale di Lonelidays sta nel cogliere, seppur in nuce, unatmosfera, un umore, un turbamento condiviso da una generazione alle prese con la società“liquida”degli anni 10; una strada che, se percorsa con più azzardo, potrebbe essere ancora più incisiva.

Nonostante tutti i “lonely days” che si prospettano, in fondo, la verità è che non siamo mai soli: c’è sempre un “loro”, qualcuno o qualcosa in cui riporre le proprie aspettative; e che manipola, anche a livello inconscio, ogni nostra scelta.

Letture consigliate:
• La Patetica – Paolo Zaccaria | Lorenzo De Liberato, di Sarah Curati
• La Banalità del Male in ‘E C H O E S’ di Patti e De Liberato, di Sarah Curati

Ascolto consigliato

Carrozzerie n.o.t, Roma – 21 aprile 2016

In apertura: Martin Parr Japan. Miyazaki. The Artificial beach inside the Ocean Dome da ‘Small World’, 1996 © Martin Parr/Magnum Photos

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