L'Agnello di Dio – CasaTeatro Tedeschi

Il passato da esorcizzare e la ripartenza

A Bari 'L'agnello di Dio' di CasaTeatro

Take care of all your memories, said Mick/For you cannot relive them.

In uno dei suoi brani forse meno noti – Open the Door, Homer – Bob Dylan dedica qualche verso al ricordo, alla sua importanza, e alla sua fragilità. Arma a doppio taglio, infatti, quella della memoria: è sempre bene cercare di tenersi stretti i pensieri nonché i momenti vissuti del passato, ma cercare di riportarli in vita in maniera ossessiva nel presente può rivelarsi spesso deleterio. Perché, appunto, come sentenzia il menestrello statunitense, bisogna aver cura dei propri ricordi, ma non li si può rivivere.

Questo concetto è il cardine di L’agnello di Dio, spettacolo diretto e scritto da Lello Tedeschi in collaborazione con Piera Del Giudice. I due rappresentano il fulcro di CasaTeatro, progetto vincitore del bando Principi Attivi 2012 che si propone di rivalutare e dare una svolta ai difficili scenari presenti nella città di Bari attraverso la cultura e la partecipazione attiva degli abitanti dei contesti scelti. Dopo aver messo in piedi Medea – è una commedia il mio spettacolo nella complicata realtà di San Pio (cfr. Bari, si spara ancora nelle vie di San Pio), dunque, la compagnia sceglie la sala teatrale dell’Istituto Penale per i Minorenni “Fornelli” come “residenza” della loro ultima creazione. E la scelta non è per nulla casuale.

Foo di scena ©Noemi Alice Rocco

Foo di scena ©Noemi Alice Rocco

Nella scena troviamo un letto, un appendiabiti, un divano e un quadro della sacra famiglia: una normale stanza, dove una donna (Piera Del Giudice) è alle prese con il suo ripetuto atto di resistenza a seguito di alcune perdite affettive. Una vittima sacrificale alla ricerca di un appiglio a cui aggrapparsi per esorcizzare il proprio destino.  A scrutarla, con aria severa, ci sono un uomo (Vito Piemonte) e una donna (Noemi Alice Ricco), materializzazioni di un Io dilaniato dal dolore. La protagonista rammenta i giorni e i momenti di un tempo che non c’è più: li tira alla rinfusa e con ostinazione, come fa con quegli abiti indossati e lanciati istericamente sul palco, e pazientemente ripiegati, e messi in valigia dai due deuteragonisti invisibili.

Foto di scena ©Giovanni Sodano

La costruzione logico-consequenziale classica è negata per lasciar spazio a un’alogica successione di ricordi – rievocati o rivissuti – per mezzo dei quali la donna nasconde a sé stessa la realtà della propria condizione. Un pessimismo nei confronti del presente che prende forma nelle litanie ripetute, negli estenuanti balli perduti o nell’interpretazione di monologhi teatrali che ormai rappresentano solo sogni infranti. Un testo breve, compatto, essenziale e dai forti echi beckettiani che costringe lo spettatore a pensare al punto zero, alla ripartenza necessaria per comprendere a fondo il (non) senso della vita.

Uno spettacolo che senza dubbio accresce il proprio valore grazie allo spazio scelto per la messinscena. La presenza dei giovani detenuti, spettatori eccezionali, fortifica il messaggio lanciato da una pièce che vuole essere un monito e un consiglio ad affrontare il presente senza l’aiuto di affannosi tuffi nel passato o scorciatoie, perché solo allora si potrà ottenere una pace interiore che consenta di trasformare i ghigni isterici in sorrisi sinceri.

Per saperne di più del Progetto “Casa Teatro”:
• Medea_è una commedia il mio spettacolo – Lello Tedeschi, di Nicola Delnero
• CasaTeatro: un progetto artistico e civile tra donne e periferia, a cura di Nicola Delnero

Ascolto consigliato

Sala Prove I.P.M. Fornelli, Bari – 10 marzo 2016

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