Foto di scena ©Lucia Baldini

Di morte, sarcasmo e disperazione

Io muoio e tu mangi dei Quotidiana.com

Essere vivi: per decenni svegliarsi all’ora giusta, e poi trascinarsi lungo l’ennesimo giro di umori, sensazioni, pensieri, voglie – l’intero spettro delle agitazioni – e infine crollare a letto a sudare nel buio del sonno profondo o bollire al fuoco lento delle fantasmagorie che molestano la mente in sogno.

— Thomas Ligotti  La cospirazione contro la razza umana (2010)

Probabilmente Thomas Ligotti sarebbe un grande fan del teatro dei Quotidiana.com. Perché proprio come il maestro dell’horror filosofico si serve dei fenomeni del soprannaturale e dell’occulto per veicolare nei suoi libri la sua feroce e fin troppo lucida visione dell’esistenza umana, così la compagnia riminese, dietro all’apparente – chiamiamolo in modo un po’ inappropriato – surrealismo (molto più vicino a Beckett che a Ionesco), sottende una visione del mondo che sembra non tanto simile, ma certo compatibile nell’essenza, con quella dello scrittore americano: una visione spietata che inchioda l’uomo davanti al proprio, grottesco, riflesso.

Tutto è bene quel che finisce è il titolo della trilogia di spettacoli dei Roberto Scappin e Paola Vannoni di cui Io muoio e tu mangi fa parte, che infatti proprio di ciò che «finisce» tratta: la vita. La morte, o meglio, la vecchiaia, certo non è mai un lieto fine, è quel che è, nella sua evidenza e brutalità: una legge della natura, certamente più importante di quanto la nostra società dell’eterna giovinezza voglia farci credere. Se mentre viviamo non siamo mai ben consci di dove andiamo e del perché, è soltanto alla fine che possiamo dare un senso ultimo al vissuto.

Foto di scena ©Lucia Baldini

Ma com’è questa fine? Passa per reparti di geriatria, pannoloni, catarro, finisce in un disgregamento fisico e mentale che rende tutti preda di un ineliminabile non senso. Difficile sentire parlare di queste cose a teatro, pur essendo la vecchiaia un tema molto battuto; difficile rendere conto del logoramento che provoca il prendersi cura di una persona cara in agonia, del dolore e del senso di colpa e dell’inconfessabile e solo apparente sollievo quando il calvario finisce; di quanto ci si senta piccoli, impotenti e meschini di fronte alla morte. Proprio di tutto questo invece parla la coppia romagnola che Carrozzerie n.o.t ha meritoriamente portato a Roma per la seconda volta, per far conoscere al pubblico romano il sarcasmo tagliente, arguto e disperato di Io muoio e tu mangi.

«Devi morire» intona Vannoni, in un coro da stadio, entrando in scena con un lenzuolo a mo’ di fantasma. Fin dai primi istanti, i due sembrano già fendere l’aria solo con la propria presenza: alienati, disturbanti e per niente rassicuranti, come se potessero fare qualsiasi cosa da un momento all’altro. E invece no, tutto il contrario, perché è proprio dal non fare niente che traggono la propria, micidiale, potenza. Seduti una di fronte all’altro, con al centro un quadretto di Madonna con bambino a vegliare su di loro, cominceranno così la consueta serie di dialoghi serrati e spietati, cinici e a tratti persino esilaranti, una modalità di azione tipica della compagnia. Parole gettate con freddezza, senza tono o intenzione, ma percorse da un dolore vivo, palpabile, familiare, tremendamente serio a discapito – ma forse proprio in virtù – del suo scarto dal naturalismo: quello di vedere un padre che, giorno dopo giorno, sta morendo. Un dolore sussurrato in un soffio di voce, di chi è troppo esausto per parlare ancora.

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Foto di scena ©Luca Del Pia

Attraverso un codice simbolico e stilizzato di gesti e movimenti, Vannoni e Scappin riusciranno così a dare vita, volutamente frammentata, a quel limbo ospedaliero infernale che non vive né muore ma sopravvive nello strazio di una quotidianità sempre uguale fatta di attese speranzose e avvilenti, crolli fisici, caposala e medici inadeguati, per poi passare a incursioni nella quotidianità di una coppia, intermezzi meta-teatrali o riflessioni sulla dignità della morte, perché la morte può riscattare una vita intera, se è una morte dignitosa e non umiliante.

Dal Paradiso di Dante alle citazioni di Karl Kraus, i Quotidiana.com, nella sottrazione di qualsiasi elemento “spettacolare” molto in voga al momento (niente musica elettronica o colonne sonore emozionanti, per dire, addirittura niente “interpretazione”) e soltanto con l’arma affilata della propria intelligenza e mestiere, lanciano al pubblico la possibilità di riflettere su temi complessi e delicati che si tende a percepire come remoti, fin quando non capitano; ricordandoci che, proprio come scrive Ligotti:

a rovinarci è che sappiamo ciò che è troppo da sapere e troppo segreto da raccontare al prossimo, se vogliamo continuare a passeggiare per strada, ad avere un lavoro, a dormire nel nostro letto. È la consapevolezza di una razza di esseri che è solo di passaggio in questo cosmo scadente.

Ascolto consigliato

Carrozzerie n.o.t, Roma – 21 ottobre 2017

IO MUOIO E TU MANGI

di e con Roberto Scappin e Paola Vannoni
produzione quotidiana.com, Armunia/Festival Inequilibrio
con il sostegno di Provincia di Rimini, Regione Emilia Romagna
in collaborazione con Istituzione Musica Teatro Eventi Comune di Rimini

Grazie


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