Foto ©Manuela Giusto

Cuoro – Gioia Salvatori

Alla voce “nati anni 80” (e dintorni), in Italia, c’è un grande buco nero. Sfogliando i quotidiani, appena dopo notizie come “la disoccupazione ha raggiunto i livelli della seconda guerra punica” e altri scoop simili, ogni tanto spunta fuori un approfondimento su qualche brillante giovanotto che, in perfetto stile MacGyver, è riuscito a rivoluzionare il mondo con la sua trovata avveniristica; ma purtroppo, tolti tali rari casi di fulgido giornalismo, poco ci si interroga su questi non-più-tanto-giovani.

Così, mentre buona parte della società “adulta”, giocando di anticipo, si affretta ad accalappiarli con l’intrigante ricatto del posto di lavoro, una fetta consistente di ragazzi ormai cresciuti se ne rimane, cauta, in penombra. Già perché essendo nati in una fase di transizione, per loro è sempre stato o troppo presto o troppo tardi, così alla fine hanno imparato una lezione: “Fa’ il tuo e non lo dire a nessuno”. Eppure di buone idee ne avrebbero, invendute sì, ma niente male.

E questo è Cuoro, un prodotto figlio degli anni ’80-’90: quando ancora si imparavano le poesie a memoria e malaga non era una città da Erasmus ma un gusto di gelato. Certo però non si tratta di una spettacolo rétro, anzi, Cuoro nasce da un blog d’intrattenimento che a un tratto nei panni della sua autrice, Gioia Salvatori, alza su la veste, esce fuori dallo schermo e si trasferisce a teatro. Una comicità fresca che non si affanna alla battuta originale ma che recupera piuttosto quella spontaneità, quel modo un po’ ridicolo e scanzonato di guardare alla vita e prendersi in giro tipico di non troppi anni fa.

L’intrigante costruzione scenica di Giuseppe Roselli divide lo spettacolo in due momenti: nell’ex officina della Carrozzerie_n.o.t. il pubblico viene distribuito su due file parallele lungo un corridoio transennato, dove l’attrice fa avanti e indietro sfogando il suo bislacco e precario stato emotivo; nella seconda parte gli spettatori sono invitati a trasferirsi canonicamente in una piccola platea improvvisata dove lo show prenderà più la forma di stand-up, o meglio – vista la poltrona contornata di nuvolette di polistirolo -, sit-down comedy.

Il grande merito di Cuoro sta nella sua svagatezza, in quell’assoluta mancanza di pretenziosità che lo rende involontariamente rappresentativo di una generazione abbandonata nonché rapidamente scansata dai più tecnologici e competitivi “Millennials”. Al di là della sua trasversalità, infatti, Gioia Salvatori parla a un pubblico di coetanei, ne irride le debolezze identitarie e ne recupera al tempo stesso l’immaginario collettivo: il suo inventario comico, apparentemente casuale, è ricco di una cultura alternativa dissimulata (come le Favole al Telefono di Rodari o le geniali macchine di Munari) che filtra acutamente le tendenze più becere e pop-occidentali degli ultimi anni senza mai scadere però nella trivialità (non una sola parolaccia).

Un po’ al passo coi tempi un po’ no, Cuoro restituisce una voce finalmente “semplice” e naturale che, se coltivata, potrebbe colmare quel grande vuoto che c’è tra gli intellettualismi nevrotici e autoironici dei quarantenni di Lucia Calamaro e la comicità surreale e casareccia degli studenti universitari di The Pills.

Carrozzerie_n.o.t., Roma – 23 ottobre 2014

In apertura: Foto ©Manuela Giusto

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