Foto di scena ©Luigi Angelucci

L’amore ai tempi della meccanica quantistica

Silvio Peroni porta in scena le 'Costellazioni' di Nick Payne

Se mai c’è stato un precursore della meccanica quantistica, questo può essere considerato Giordano Bruno. Già nel XVI secolo, infatti, il filosofo nolano teorizzava l’esistenza degli universi paralleli, una tesi ora avvalorata dalle teorie scientifiche più recenti. Perciò. Immaginiamo che la nostra vita sia solo una fra le infinite possibilità di combinazione; e che le nostre decisioni, prese o non prese, siano tante quante gli infiniti mondi paralleli che possono contenerle simultaneamente. Immaginiamo adesso di vedere tutte queste possibilità trasposte su un palco e otterremo così Costellazioni di Nick Payne, testo che unisce due dominî apparentemente distanti come la vita dell’uomo e l’universo, l’amore e la fisica quantistica. In fondo, però, non proprio così distanti, se è vero che siamo fatti della stessa sostanza di cui è fatto il cosmo – gli atomi – e se è vero che l’amore è una questione di tempismo, e il tempismo ha di per sé qualcosa di matematico—come se portasse al suo interno un’equazione misteriosa, che in un dato momento, imprevedibile, si risolve da sé quasi per miracolo.

Per Marianna (Aurora Peres) e Orlando (Jacopo Venturiero) l’equazione si risolve durante una grigliata: lì si conoscono, si attraggono a vicenda come due particelle di carica opposta e ha inizio così la loro storia. La scena è vuota, soltanto lo spazio sopra di loro, ovvero tante piccole lampadine corrispondenti ad altrettanti pianeti che si illuminano a ogni rapido cambio di scena (disegno luci Valerio Tiberi). Tra salti temporali, punti più oscuri e minacciosi che si dipanano nel tempo, molteplici variazioni sul tema di una stessa scena, si ricostruisce così solo una parte degli infiniti scenari possibili che possono scaturire da un incontro.

Basta allora uno sguardo, una parola detta o non detta, una sfumatura diversa della voce o una giornata storta per cambiare per sempre il corso degli eventi; ed ecco che la vita, così piccola e misteriosa rispetto alle regole che sorreggono l’universo, appare totalmente instabile, dai contorni liquidi, soggetta a una strana combinazione di caos, coincidenze e decisioni ponderate. Ma ne siamo davvero sicuri?

E se invece tutto fosse già scritto nel multiverso, che importanza avrebbe la nostra volontà e l’illusione di controllo? Fino a che punto possiamo dire di scegliere o di essere già scelti? Costellazioni si rivela così un testo notevole non solo per le domande universali (e sull’universo) che mette in campo a partire dalla semplice vita di coppia, ma altresì per la sua costruzione formale in grado di smontare l’intreccio e di ri-montarlo in modo quasi cinematografico; per la capacità di attraversare uno spettro di emozioni molto ampio, reso sul palco grazie alla sfaccettata interpretazione di Aurora Peres e Jacopo Venturiero, i quali conferiscono grande spessore a una gamma multiforme di personaggi che pur tuttavia rimangono sempre gli stessi.

Con sguardo essenziale e incisivo, Silvio Peroni dirige uno spettacolo che pone la sfida impossibile di portare alla luce una storia dal tempo non cronologico ma simultaneo. Forse un’ossessione non secondaria nel testo di Payne, quella per il tempo, che appare ancora più spaventoso quando rischia di diventare tragicamente circoscritto. E pensare che ciò che per gli esseri umani rappresenta la più grande risorsa e la più grave condanna, a livello molecolare e atomico, è un concetto totalmente irrilevante.

Ascolto consigliato

Teatro Brancaccino, Roma – 17 marzo 2016

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