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Anna Calvi – Anna Calvi

Anna Calvi nasce a Londra nell’82. Educata dal padre, italiano, alla musica, dopo una breve esperienza con i Cheap Hotel comincia la carriera solista nel 2008 e nel 2011 pubblica il primo album, omonimo.

Ma cos’ha di così particolare questa ragazza per convincere niente di meno che Brian Eno a fare i cori in Desire e Suzanne and I (rispettivamente terzo e quarto brano dell’album)? Semplice: nonostante la giovane età, è capace di produrre un album interessante e maturo, e originale rispetto al panorama musicale indie (e non) attuale.

Il disco si apre con Riders to the Sea, pezzo dalle atmosfere quasi morriconiane, aperto da una gelida e pulitissima chitarra, che ricorda, in queste caratteristiche, la voce di Anna. Nei suoi fraseggi troviamo anche una malcelata influenza blues, che dà maggior respiro ai brani. Il brano al posto 2 è No More Words, brano delicato, che ricorda qualcosa di Roy Orbison nell’intro, per poi discostarsene bruscamente con l’ingresso della voce.

Desire, è un’altro brano dall’ottimo spessore, caratterizzato da un cantato epico e dal carattere pomposo, che forse però tende a risultare ridondante proprio a causa di queste sue caratteristiche. La quarta traccia, probabilmente la migliore dell’album, è Suzanne and I. Qui la Calvi a tratti usa la voce in modo meno “impostato” e più personale, e forse è proprio questa la via che dovrebbe seguire. Il ritornello è probabilmente il più “easy” dell’album e porta immediatamente, fin dal primo ascolto, al sing-along.

Altro brano dove la Calvi abbandona la sua classica impostazione vocale a favore di un’interpretazione più libera è First We Kiss, con qualche reminiscenza dei Franz Ferdinand, oltre che di Pj Harvey. Segue The Devil, brano dal forte richiamo proprio ai lavori della Harvey (che ha peraltro composto anche un brano omonimo…), dalle atmosfere delicate e dal testo inquietante e lapidario: “The Devil, the devil will come for me”, che riporta anche alle influenze blues della Calvi (qualcuno per caso ricorda Crossroads?).

Blackout è carratterizzata dal testo più lungo dell’album, e ne è probabilmente il brano più maturo, anche grazie ad arrangiamenti di voce affatto scontati. I’ll Be Your Man mette invece in primo piano la chitarra, nuovamente con fraseggi blues spezzati e nevrotici, oltre alla solita voce della Calvi che, brutto dirlo ma è così, dopo 8 brani comincia quasi a venire a noia.

Penultimo brano è Morning Light, dalle atmosfere vellutate e suonato quasi sottovoce, decisamente di buona qualità compositiva. Anna si congeda con Love Won’t Be Leaving, il pezzo in cui si lascia di più andare alla psichedelia, con risultati ottimi.

Insomma, in Anna Calvi troviamo un album assolutamente godibile, molto più di quanto ci si potrebbe aspettare dall’esordio di un’artista così giovane, ma ci sono ampi margini di miglioramento. Resta comunque un disco da ascoltare.

Voto: 7,5

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