Foto di scena ©Manuela Giusto | Progetto grafico Gigi Fagni

134 grammi di soda caustica – Francesca De Berardis

Fra Reggio e Carpi, in Emilia, c’è una cittadina chiamata Correggio, celebre per aver dato natali a personalità come Antonio Allegri (detto appunto Correggio), Pier Vittorio Tondelli, Luciano Ligabue, ma anche per essere stata teatro dei cruenti omicidi di Leonarda Cianciulli, passata alla storia come “la saponificatrice di Correggio”. 134 grammi di soda caustica porta in scena proprio la curiosa storia di quest’ultima.

Curiosa, sì, perché Leonarda Cianciulli è stata un’assassina sui generis: in tempo di guerra (seconda) uccise tre donne del paese, ma invece di sbarazzarsi dei corpi nascondendoli da qualche parte, ne fece sapone, biscotti e torte. La ragione? A sentire la diretta responsabile fu per “amore di madre”: la donna infatti non voleva che il suo adorato Giuseppe fosse spedito al fronte e così, seguendo i consigli di una strega del posto che già l’aveva liberata dalla maledizione di “fare figli morti”, sacrificò vite umane per aver salva quella del figlio.

Presentato in forma di studio, lo spettacolo si costruisce a partire dalla biografia e dalle dichiarazioni della stessa Cianciulli. Sola in scena, su un palco spoglio, Francesca de Berardis (autrice nonché – vibrante – interprete unica) veste i panni di una simpatica e ciarliera casalinga che accoglie il pubblico come una vera padrona di casa: state comodi? Scusate il disordine, Ma lo volete un cordiale? Ed ecco che attraverso una serie di espedienti naturalistici (con tanto di caffè offerto agli “ospiti”), il racconto dei fatti prende la forma di una chiacchierata leggera, improvvisata, continuamente interrotta dalle faccende domestiche.

Se al testo in sé, forse, manca ancora una problematizzazione drammmaturgica definita, la narrazione scenica, invece, va ben oltre la sperimentazione da studio e rivela una struttura efficace, godibile nonché argutamente funzionale (regia di Giuseppe Roselli). Tra un caffè, una “rassettata” e un rimprovero al figlio che dorme nell’altra stanza, infatti, le continue dilazioni della donna non si limitano ad accattivare il pubblico e a dare ritmo alla storia, ma in quell’andirivieni dalla camera nascosta oltre il fondale si comincia a prefigurare uno scollamento assai poco rassicurante, che incrina la leggerezza di una conversazione, a ben guardare, un po’ troppo spensierata per essere il racconto di un triplice omicidio.

Le interruzioni, insomma, superano l’espediente e agiscono da contrappunto scenico-narrativo che sviscera poco a poco la mente psicolabile della donna, riversandosi sulla scena in una testimonianza più diretta di quanto potesse apparire in un primo momento: la storia dunque è sì in terza persona ma a narrarla è la stessa Cianciulli, in un’intrigante schizofrenia di voci.

Ed ecco allora che quel caffè offerto dalla gentile signora all’improvviso ha un retrogusto più amaro del previsto, insinuando un inquietante dubbio che – intelligentemente drammatico ma anche metateatrale (seppur non sviluppato fino in fondo) – porta a far tremare gli spettatori sulla sedia: sicuri di saper cogliere la realtà oltre l’apparenza?

Ascolto consigliato

Teatro dell’Orologio, Roma – 16 dicembre 2014

In apertura: Foto di scena ©Manuela Giusto | Progetto grafico Gigi Fagni

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