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Un Canto di Natale – Cà Luogo d’Arte

C’è un’aria di festa al teatro India e molto trambusto, un pubblico come non se ne vede spesso abita queste sale: famiglie, soprattutto, che vogliono finire l’anno con una piacevole serata a teatro in compagnia dei bambini. Quale migliore occasione, allora, per scoprire Un canto di Natale della compagnia Cà luogo d’Arte? E l’atmosfera vivace, infatti, continua anche in sala, dove il pubblico viene condotto in una piccola arena circolare – ambiente intimo e raccolto – mentre in sottofondo già si possono sentire le note di Maurizio Aliffi alla chitarra e Simone Mauri al clarinetto basso, su due postazioni rialzate ai lati. Gli attori invece, al centro, seduti su una sorta di cassapanca che sa di antico, giocano alle parole crociate, intrattenendo con gusto il pubblico, che persino interviene per suggerire.

Ambientazione e costumi tipici dickensiani; e già sembra di essere dentro Oliver Twist. Qui però si parla del Canto di Natale (testo di Marina Allegri), la storia del vecchio e avaro signor Scrooge, noto per odiare lo spirito natalizio, che verrà visitato dai tre fantasmi del Natale; una storia che rappresenta, come tutta la produzione di Dickens, la lotta tra il bene e il male. Ed è questo ciò che fanno gli attori in scena (Francesca Grisenti, Piergiorgio Gallicani e Giulio Canestrelli), cercano di liberare il cuore del burbero protagonista dalle tenebre. Con l’ausilio di piccoli oggetti che diventano simbolici – un Big Ben, un “teatro-panettone”, una piccola casa – ora narratori, ora personaggi, essi ripercorrono la storia del vecchio: la cattiveria nei confronti del suo impiegato Cratchit, il rapporto passato con Elizabeth, suo unico amore, l’indifferenza verso la sorella Fanny e il nipotino Fred, per trovare poi la redenzione finale. Gli attori si muovono con agilità e molta energia, interpretando ogni personaggio con voci diverse, costumi bizzarri, maschere spaventose, e trascinando il pubblico in un’atmosfera incantata. Un Canto di Natale è, però, anche un racconto in musica, un complemento che sembra quasi necessario e talmente in armonia con la performance da diventare come invisibile.

Questo è uno spettacolo (regia di Maurizio Bercini) dove Dickens è presente nei suoi aspetti più spietati, mascherati dalla fiaba; un Dickens che critica aspramente la società, che ci mostra la povertà letterale e morale, e che evidenzia come troppo spesso la ricchezza materiale si faccia sintomo di povertà interiore; una ricchezza, dunque che non conosce dignità, perché “la dignità è saper cos’è il rispetto”. Alla fine, tuttavia, le ombre si dileguano, arriva la luce della redenzione, del cambiamento: perché Dickens – come anche lo spettacolo – non manca di evidenziare che mutare il corso delle proprie azioni è possibile.

Così il Natale si divincola dalla celebrazione formale per rappresentare, piuttosto, uno stato dell’anima, un giorno da cui si può ricominciare daccapo e rimediare agli errori commessi. Il signor Scrooge alla fine l’ha capito, e noi?

Teatro India, Roma – 30 dicembre 2014

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