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YouTube o l’archeologia del presente

Da quando esiste YouTube credo si possa dire che la nostra “memoria audiovisiva” è cambiata. Forse a qualcuno sembrerà un argomento futile, specialmente “in questi tempi di crisi”. Ma c’è sempre un momento in cui il presente, piccolo dittatore, appare meno importante del passato ed è in momenti del genere che, con una certa dose di stupore se non di angoscia, ti rendi conto di non ricordare più che cosa guardavi in televisione o al cinema negli anni Novanta. Soltanto dieci o dodici anni fa, ma la memoria non ci arriva da sola. La memoria si sta accorciando, come degli stupidi pantaloni sopra la caviglia. Ecco che salta fuori questa magica risorsa, magica e forse pericolosa, chiamata YouTube. Che poi sarebbe il nostro canale temporale per saltare avanti e indietro nel tempo, emuli di H.G.Wells. Almeno nei limiti del possibile.

Bisognerebbe riflettere sul fatto, puro e semplice, che prima di YT il consumo di audiovisivi su Internet era alquanto limitato: eravamo ancora nell’era del Testo, magari delle immagini emergenti ma, di certo, non del video né tantomeno dello streaming video come accade adesso. Nonostante certi critici dei media sostengano il contrario, “lo stile del web” – per usare una nota definizione di Franco Carlini – è apparso per molti anni legato alla parola scritta, magari animata (le animazioni dei cari e vecchi siti web che oggi fanno ridere), comunque sia non c’era nulla di paragonabile ai palinsesti digitali attuali.

Perciò è normale se, oggi, una delle cose più divertenti e “malate” che puoi fare è surfare tra i video di YT utilizzando parole chiavi tratte dalla tua biografia tele mediatica, ingombra di stimoli e di nostalgie, icone e frammenti mnemonici (più o meno immorali) che potrebbero riempire un antico testo religioso. L’aspetto sconcertante è che su YT c’è davvero di tutto… Non esiste la possibilità, tipica dei media vecchia maniera (broadcasting) di sorvolare sul contenuto per condannare tutta la “spazzatura audiovisiva” che inonda il web, come nonostante i tempi ormai corrotti continuano a fare gli ultimi rappresentanti dell’umanesimo defunto, per intenderci una minoranza che a malapena sa tenere in mano il mouse. Non ha molto senso seguire questa linea dal momento che non c’è soltanto la spazzatura ma anche video rari, musica di ricerca (cercavate Stockhausen?), veri e propri canali di informazione e di formazione…Potete dirle grosse contro il regime cinese oppure imparare l’arabo, studiare o spigolare tra le immagini – insomma, ogni giorno la mappa cambia e il territorio è sempre più esteso. Come dire che la mitica scuola di Francoforte, indimenticabile modello di una coscienza critica, ha davvero chiuso le porte. Aria di muffa, ammettiamolo. E’ il passato, il presente è molto più simile ad un blob fatale e multicanale dove il regime è diventato invisibile. L’orizzontalità, per usare un termine caro ai massmediologi, risulta schiacciante e ben difficilmente – a meno che non siate il nipote furioso di Adorno – potreste lanciarvi in una filippica contro il potere dei media partendo da questo tipo di servizio. La galassia è implosa, la si può osservare soltanto dall’interno, centimetro per centimetro (in qualche modo, era già quello che diceva David Foster Wallace in un saggio fantastico sulla televisione, da rileggere).

YT mi sembra “neutro” e impersonale come un distributore di caramelle (animate): c’è il marchio, questo è vero, ma non è affatto chiaro come e perché Heidegger o George Steiner convivono con l’ultima velina televisiva, con i ninnoli di Greta Garbo o con l’ultima lezione di make-up per diventare delle bellissime da manuale. Mi viene in mente, chissà perché, il Satyricon di Petronio. L’effetto è, tra le altre cose, sardonico e picaresco… Soltanto che in questo caso si tratta di una città qualsiasi, non dell’antica Roma, una città audiovisiva globale.

A pensarci bene, l’offerta di canali supplementari (è proprio un’estetica del supplemento organizzato: tipo “i film giapponesi degli anni Trenta se hai già visto tutto il possibile e ne vuoi ancora e ancora…”), di nicchie e di collezioni audiovisive sperimentali o idiote, cruciali o inutili e bizzarre, più o meno archeologiche mi ricorda, in fondo, lo stile atono e indifferente di Andy Warhol. YT è inesorabilmente pop? Si potrebbe dire che, oggi, chiunque può avere i suoi cinque minuti di celebrità. Meglio ancora che in televisione, su YT.

Chissà com’è contenta la Rai di tutto questo “nomadismo” digitale… E le televisioni private, che vedono videomaker d’assalto arrivare su YT o su Vimeo, oppure su televisioni on line o trasversali come CurrentTV, e produrre “contenuti per le masse”. Gratis. Perché se è vero che la continuità del discorso non è affatto garantita da certi canali d’intrattenimento, del tipo “consuma e scappa”, è probabile che ci stiamo abituando anche noi a saltare da un punto all’altro nel bel mezzo del video, setacciando l’archivio dell’immaginario e pretendendo un maggiore cambiamento nell’offerta.

Forse non si capisce più molto bene che cosa è testo e che cosa è immagine? Di certo non segui tanto il video, quanto le idee che vi hai cercato. E’ geniale, in qualche modo, questo rovesciamento del broadcast nel self casting persino cerebrale o intellettuale o acrobatico, ma è anche inquietante. Prima esisteva un limite ben preciso, finiva la trasmissione e tutti a nanna. Adesso no, occorre esaurire il percorso enciclopedico che collega quel particolare attore, per esempio, a tutti i frammenti che sei riuscito a trovare… Il gioco è cambiato, siamo tutti dei deejay e non più soltanto degli spettatori.

Mi spiego meglio: se sto guardando un video dove Tizio disserta sulla famosa teoria delle stringhe, mi viene spontaneo cercare altri video dello stesso genere, e finisco così con il consumare non tanto una trasmissione – unica e compatta, come nel buon vecchio televisore di casa -, quanto una porzione dell’enciclopedia audiovisiva che viene offerta su quell’argomento. E’ questo il bello: io so che è soltanto una porzione nell’iceberg. Dove sono le altri parti?
E’ sempre il palinsesto, naturalmente, ma non è più stabilito una volta per tutte…Questo la televisione lo ignorava completamente, già. Usiamo pure l’imperfetto, visto che stiamo parlando di archeologia. E’ questo il punto, YT è un archivio e lo “consumi” sempre come tale.

Esiste una specifica bulimia audiovisiva, credo, che a questo punto fa capolino nel nostro manuale sulle perversioni contemporanee. D’altra parte, se ho appena scoperto che posso recuperare le puntate delle Charlie’s Angels dove appariva l’intramontabile Cheryl Ladd (per quegli incolti che non lo sapessero, non tutti gli episodi godevano della sua notevole presenza) come volete che mi fermi dall’archiviare tutto nei miei Preferiti? Non sarò soddisfatto, si dice l’utente youtubiano, fino a quando non avrò esaurito lo scibile audiovisivo intorno alla mitica biondina o alla summenzionata teoria delle stringhe, c’è da scommetterci.

Godimento dell’archivio, direbbe uno psicanalista. Pozzo senza fondo, anche di gusto proustiano, sui vari capitoli che hanno costruito il background socioculturale di ciascuno di noi… In fondo anche questa è storia, a modo suo; Michel Foucault forse parlerebbe di archeologia del presente… In un mondo sempre più desertico, svuotato di tutto ciò che è ormai soltanto un audiovisivo in più o in meno?
E così via, dato che si capisce che con YT – ancora di più che con la televisione o con i film di Tarantino – o sei “postmoderno” o non ci sei affatto. I nostalgici del mondo semplice e lineare sono avvisati: qui si corre su piste diverse, si monta in tempo reale, si fanno remix di remix. Il problema è se tutto questo ci piace oppure no, se non lo troviamo un tantino pirotecnico…Ma questo è un discorso più complicato, e qualcosa mi dice che le generazioni più giovani lo risolveranno scegliendo ancora un altro canale.


Grazie


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