Nightcrawler

Nightcrawler – Dan Gilroy

Diciamolo subito: Nightcrawler, in concorso nella sezione “Mondo genere”, è un ritratto spietato, affilato e – a dir poco – cinico non solo di un personaggio e della sua storia, ma di una condizione disagiata comune a un’intera generazione, quella dei giovani d’oggi, sempre più alienante e deprimente (stretta nella scelta tra lavoro – alias, anni di praticantato – o salario – alias, minimo sindacale non-garantito). È questa la (nostra) società consumista, adulatrice della triade formata da business, fama e denaro in nome della quale annichiliscono empatia, solidarietà, dignità e morale umana.

È qui che vivono Louis Bloom (Jake Gyllenhaal), giovane disoccupato, determinato e sbruffone, che impara a ripagare il mondo diventando abile manipolatore, freddo mercenario, brutale approfittatore e sfruttatore del lavoro, e il suo socio in affari – stagista, ovviamente – Rick (Riz Ahmed).

Una vera e propria vocazione che scopre tra le strade di Los Angeles, attratto da un’attività poco costosa, di rapido apprendimento e potenzialmente redditizia: il “citizen journalism”, fenomeno che recentemente (complice la tecnologia sempre più intuitiva) ha permesso a utenti privati di raccogliere e registrare in qualsiasi momento materiali audiovisivi vendibili a terzi. Filmare, fotografare, immortalare la realtà nella sua forma più cruenta, efferata, spaventosa (anche a costo di falsarla) e vendere, vendere, vendere al miglior offerente. Perché la gente vuole vedere quel che più la terrorizza, ne è dipendentemente attratta, plagiata.

E Dan Gilroy, regista e sceneggiatore del film, risponde a questa domanda mostrando una vera e propria rincorsa al sadico “sciacallagio” di incidenti, disastri, massacri per afferrare l’immagine più “vicina”, più sanguinosa, più shockante e, dunque, più richiesta dai famelici notiziari televisivi, perché più coinvolgente e commovente per il pubblico. Seguiamo dunque Louis nella sua crescita imprenditoriale di macabro videoreporter d’assalto e nella sua interna discesa morale e disumanizzante verso la solitudine, attraverso un racconto avvincente che porta lo spettatore alla tachicardia mentale fondendo la frenesia dell’action movie (tra folli corse in auto, inseguimenti e sparatorie), angoscianti suspense dal sapore noir-thriller e un apatico, chirurgico e insensibile sguardo “documentaristico” sull’essere umano contemporaneo: stratega e (in)cosciente vittima di se stesso, che, con lucida cecità, arriva a sacrificare tutto e tutti per il solo desiderio (legittimo) di vivere un’esistenza semplice, “normale” (un lavoro e una relazione duraturi), eppure così tragicamente irraggiungibile.

Grazie


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