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Modigliani, Soutine e gli artisti maledetti – La collezione Netter a Milano

Le fonti di questa mostra non sono i migliori musei di tutto il mondo, ma la collezione personale di Jonas Netter, un collezionista del secolo scorso, illuminato e appassionato d’arte, non così ricco da potersi comprare i più noti e quotati impressionisti ma sufficientemente benestante per comprare le opere di artisti emergenti del tempo, valorizzandoli e in qualche modo sostentandoli, in una forma lodevole di appassionato mecenatismo. Netter seppe riconoscere il genio artistico laddove i suoi contemporanei vedevano solamente “obbrobri”.

È grazie a lui (e al mercante d’arte Léopold Zborowski), che oggi possiamo godere di queste 120 opere esposte, di Modigliani, Soutine e molti altri, racchiusi nel titolo della mostra sotto all’espressione “artisti maledetti”.
In comune questi pittori ebbero in gran parte la condizione economica, i luoghi in cui vissero e una sorta di isolamento sociale, unito all’ansia di rinnovamento, che diede vita alla figura del bohèmienne. Gli artisti ospitati nella mostra (oltre a Modigliani e Soutine, ricordiamo Utrillo, Valadon, Kisling, Krémègne, Kikoïne, Hayden, Ébiche, Antcher e Fournier) vissero infatti momenti di grande povertà e privazione, abitarono a Parigi nei primi anni del ‘900 e frequentarono i café, le trattorie, le cantine (e le bottiglie) di Montparnasse, eletta patria della propria ispirazione artistica e della personale ricerca di senso. In quell’angolo di Parigi si ritrovarono non solo pittori, ma anche scrittori, come Hemingway e Miller, intellettuali come Jarry e Cocteau, rifugiati politici come Lenin e Trockij. Un vero e proprio crocevia di artisti e personalità, in cerca di spirito e di ispirazione.

Tra discussioni di politica, scambi di opinioni che sfociavano anche in risse, momenti di disperazione e abbandono nell’alcol, gli artisti bohèmienne impressero nelle proprie tele una forza espressiva straordinaria. È per questo motivo che, percorrendo le sale di questa ampia mostra, non sembra di incrociare opere minori poiché ognuna di esse, a suo modo, risulta interessante, carica di significato e impregnata della stessa fiamma artistica, la stessa che animava Parigi a quel tempo.

“Questi spiriti tormentati – spiega il curatore della mostra Marc Restellini – si esprimono in una pittura che si nutre di disperazione. In definitiva, la loro arte non è polacca, bulgara, russa, italiana o francese, ma assolutamente originale; semplicemente è a Parigi, che tutti hanno trovato i mezzi espressivi che meglio traducevano la visione, la sensualità e i sogni propri a ciascuno di loro.”

Anche oggi, passeggiando per le strade di Montmartre e Montparnasse si ha la sensazione di vivere in un quartiere speciale, colorato, creativo, vivace, popolato di botteghe creative, café stilosi, artisti di strada. Non sono molte le opere di Modigliani, ma le tele presenti rappresentano al meglio l’artista livornese coi suoi visi stilizzati, i colli lunghi di ispirazione africana, tesi all’infinito, e gli occhi privi di pupille, che rivelano l’impossibilità di cogliere l’essenza dei soggetti ritratti. Solo dopo la sua morte Modigliani ottenne il successo che si merita. E questa mostra, che vale una visita (utile l’audioguida), ne rivela alcune opere significative.


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