Foto di scena ©Luigi Burroni

Milite Ignoto. Quindicidiciotto – Mario Perrotta

Alla fine siamo tutti seduti su una grande galera, remiamo tutti da schiattare, puoi mica venirmi a dire il contrario!… Seduti su ‘ste trappole a sfangarcela tutta noialtri! E cos’è che ne abbiamo? Niente! Solo randellate, miserie, frottole e altre carognate […] Adesso li abbordiamo, ‘sti porcaccioni che stanno sulla patria n.º 2 e gli facciamo saltare la pignatta! Alé! Alé! C’è tutto quel che ci vuole a bordo! Tutti in coro! Spariamone una forte per cominciare, da far tremare i vetri: Viva la Patria n.º 1! Che vi sentano da lontano! Chi griderà più forte, avrà la medaglia e il confetto del buon Gesù! Porco dio!

Nell’articolo di ieri (leggi qui) abbiamo anticipato che all’interno dell’edizione pilota dei Teatri della Cupa, c’è stato uno spettacolo che più di altri ha lasciato il segno. Le parole qui sopra, tratte dal capolavoro di Louis-Ferdinand Céline Viaggio al termine della notte, introducono quello che sarà l’argomento della pièce in questione. Nelle prime pagine del suo romanzo, infatti, lo scrittore francese porta i propri lettori nella prima guerra mondiale e nelle sue usuranti trincee. Con il suo pessimismo misto a cinismo, Céline descrive un incubo partendo dal basso, dagli ultimi, dai soldati che ricevevano gli ordini, e questo molto ha in comune con la messinscena di Mario Perrotta, Milite Ignoto. Quindicidiciotto.

Foto di scena ©Luigi Burroni

Proprio dalle trincee si parte. Perrotta è seduto su dei sacchi, quelli che venivano utilizzati per proteggere quei fossati, e lì resta per tutta la durata del monologo. La parte bassa del corpo rimane immobile, a muoversi sono le braccia, che disegnano fucili, baionette, corpi sfiniti; il volto, pronto a esprimere paura, sconforto, afflizione; e la bocca, abile edificatrice di parole atte a descrivere quell’orrore, così lontano dal delirio d’onnipotenza della coppia Conrad-Coppola [Cuore di Tenebra-Apocalypse Now NdR], così vicino, invece, alla delirante impotenza di Céline. Con la sola parola, l’attore ci fa mangiare il fango dei soldati, annusare la polvere da sparo, toccare le vittime, vedere il milite, che proprio la negativa abbondanza di questa guerra trasformerà in ignoto.

Ma quello di Perrotta non è solo un viaggio sensoriale nella Storia. No, è molto di più. C’è ancora una parte del titolo dell’opera da considerare, quel «quindicidiciotto» giunto al suo centesimo anniversario, c’è l’Italia, ci sono gli Italiani. Da qui l’intuizione più grande dell’opera: far procedere il racconto tramite la concatenazione di dialetti differenti, far parlare i suoi personaggi con gli accenti della propria terra; mostrare i Fratelli d’Italia in tutta la loro diversità linguistica e culturale, per la prima volta insieme a lottare per la conquista di terre sconosciute in nome di una Patria di cui se ne conosce solo il nome e poco altro. Già, perché essa è «roba per la testa dei signori», per gente che studia, cosa ne potevano sapere loro, che non uscivano nemmeno dalla propria città d’origine.

Foto di scena ©Luigi Burroni

Nell’atrio del Palazzo Baronale di Novoli, dunque, l’attore leccese intreccia piccole storie di fratellanza per descrivere la grande storia, e lo fa annullando tutte le mie perplessità legate al luogo scelto per la messinscena. Assistere a uno spettacolo all’aperto, con i clacson delle autovetture, il chiacchiericcio della gente o i versi di animali vari come cornice, avrebbe potuto facilmente minare l’attenzione dello spettatore. Sin dalla prima battuta, però, i rumori esterni sono svaniti per lasciar spazio all’immersione totale nell’opera di Perrotta; e questo la dice lunga sulla anche sua maiuscola performance attoriale. A fine spettacolo il pubblico applaude in piedi questo Milite Ignoto. Tutto meritato.

Foto di scena ©Luigi Burroni

Milite Ignoto, Autodiffamazione, 2.(Due) sono solo alcuni degli spettacoli che hanno composto il programma di questa prima parte di festival e, come abbiamo potuto notare, sono caratterizzati da tematiche e messinscene completamente differenti. Sulla diversificazione, sull’eterogeneità, infatti, ha puntato questa rassegna, oltre alla già analizzata scelta di sfruttare al massimo il patrimonio culturale e artistico del paese ospitante. Per le conclusioni finali bisognerà attendere Campi Salentina, sede della seconda parte del festival, ma dal programma possiamo intuire che non si cambierà registro. E questo è molto positivo.

Ascolto consigliato

Palazzo Baronale, Novoli – 10 luglio 2015

Grazie


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