maxresdefault

Jobs – Joshua Michael Stern

Dura più di dure ore il biopic di Stern con il talentuoso e bellissimo Ashton Kutcher: quest’ultimo, a due anni dalla scomparsa del celebre Steve Jobs, ha il compito arduo e spinoso di impersonare uno dei personaggi chiave (discusso e odiato quanto venerato e seguito) degli ultimi trent’anni.

Chi, come il sottoscritto, ha avuto modo di leggere la biografia ufficiale del creatore della Apple (scritta da Walter Isaacson e pubblicata da Simon & Schuste) si renderà conto fin da subito che condensare in un lungometraggio l’incredibile vita di Jobs è impossibile: forse una serie televisiva sarebbe in grado di dare la giusta profondità ai personaggi e di introdurre tutta una serie di capitoli fondamentali della carriera e della vita privata dell’imprenditore statunitense.

Jobs è un film che, come scrivevo qualche riga fa, si appoggia in gran parte sulle spalle del suo protagonista che non delude le aspettative ed è credibile nell’interpretazione offerta. Anche i reparti di fotografia/montaggio/colonna sonora fanno bene il loro lavoro come ci si aspetta da una produzione del genere e sicuramente tutto il cast è ben calato nelle parti (fatta eccezione per una scialba comparsata di James Woods che appare/scompare senza un’utilità narrativa, almeno apparente).

Credo però che la sceneggiatura di Matt Whiteley troppo spesso affronti snodi cruciali del percorso dell’azienda (e dell’uomo che la fondò) quasi con superficialità, sorvolando su questioni invece fondamentali: la famiglia di Jobs non appare quasi mai se non come un’ombra, gli anni alla Pixar vengono saltati a piè pari, così come l’ultima, cruciale, decade, in cui Jobs, pur ammalato, aveva coordinato le equipe Apple verso la genesi di prodotti fondamentali per l’attuale mercato informatico e di telefonia mobile (non possono essere assolti nel brevissimo prologo, sfilacciato e mai ripreso nel resto del film).

In sintesi: Kutcher? Ottimo lavoro. La regia di Stern? Sobria. Le scelte di Whiteley? Discutibili ma forse, in questo caso, la sceneggiatura era la parte più complessa da affrontare.


Grazie


Per 15 anni Paper Street è stata una rivista on-line di informazione culturale che ha seguito con i suoi accreditati i principali festival europei di cinema e musica: decine di collaboratori hanno scritto da tutta la penisola dando vita ad un archivio composto da centinaia di articoli, articoli che restano a disposizione di voi lettori che siete stati un numero incalcolabile nonché il motivo per cui, per tanto tempo, abbiamo scritto con passione per questo progetto editoriale che ci ha riempiti di soddisfazioni.

This will close in 30 seconds