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A nome tuo – Mauro Covacich

A nome tuo (Einaudi, 2011) è a primo impatto il racconto di una menzogna che si moltiplica nella tripartizione del romanzo di Mauro Covacich, diviso in L’ umiliazione delle stelle, Musica per aeroporti e La lettera.
Nella prima parte, durante un viaggio in nave che da Durazzo lo porterà a Trieste, Covacich rinnega la scrittura scegliendo il linguaggio della video arte.
Col procedere della narrazione, egli si interroga sulle proprie origini slave e sull’identità di autore e artista che lo caratterizzano, il tutto attraverso una videoinstallazione che lo raffigura mentre corre su di un tapis roulant per quarantadue chilometri.
Da qui prende spunto il titolo, L’ umiliazione delle stelle: proprio come le stelle si sottopongono all’umiliazione di girare “eternamente attorno all’Uno solo per amore della sua luce”, così Covacich accetta di compiere uno sforzo insensato al termine del quale non sarà meno imperfetto di prima, ma soltanto “più stanco e più magro”.
Il suo obiettivo è quello di muoversi da ciò che è verso ciò che dovrebbe essere: “Dovrei essere giusto e non lo sono. / Dovrei essere corretto e baro. […] / Dovrei accettare la morte e la temo”.

Il confronto con la morte è del resto la tematica principale di Musica per aeroporti, che racconta la storia di Angela, un’orfana di origini haitiane scovata da Covacich nella propria cabina in nave.
La seconda parte del romanzo è quindi scritta a nome di Angela, che è tuttavia uno pseudonimo, o meglio un “nome di servizio”.
La protagonista infatti si chiama Fiona ed è una moderna “accabadora”, un angelo della morte che allevia le sofferenze di malati gravi in fase terminale.

Curiosamente una prima versione di Musica per aeroporti fu scritta da Covacich sotto lo pseudonimo di Angela Del Fabbro (kovačić significa in italiano “figlio del fabbro”) e pubblicata col titolo Vi perdono (Einaudi, 2009).
Entrambi i testi costituiscono la fonte d’ispirazione per il film Miele (2013) dove la regista Valeria Golino seppe rielaborare efficacemente elementi sia dalla prima che dalla seconda stesura.

Alla terza ed ultima parte di A nome tuo spetta perciò il compito di smascherare l’imbroglio con una lettera anonima che si rivolge così all’autore: “Quindi lei non ci ha fregati, mentendo ha rilasciato una deposizione autentica, mentendo ha detto la verità”.
Se Covacich scrive a nome di Angela e Angela è una scrittrice – come testimonia l’ultima parte di Musica per aeroporti – allora Covacich non è altro che uno scrittore, e la scrittura non è soltanto una menzogna (onesta) ma, paradossalmente, la proiezione più autentica di noi stessi. Essa non è un isolamento dal mondo ma, al contrario e al pari della morte, un processo che ci scompone e analizza.

A nome tuo è il racconto di un percorso non verso ciò che dovremmo essere, ma semplicemente verso ciò che siamo.

Grazie


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